Ogni anno si svolge a Tonco, nel Monferrato, la "Giostra del Pitu", un antico rito popolare propiziatorio contadino. Un tacchino, il "Pitu", dopo un sommario processo in cui viene condannato a morte, viene appeso per le zampe a una fune al centro della piazza e dei cavalieri lanciati di corsa si avvicendano per staccarne la testa sferrando vigorose nerbate al collo dell'animale. Vince chi riesce a staccare per primo la testa del tacchino. In certi paesi d'Italia, negli anni duemila, si calpestano ancora palesemente i diritti degli animali nel nome di tradizioni sanguinarie come questa. Gli animalisti protestano per chiedere la sostituzione del tacchino vero con uno finto, ma tanto il Sindaco, quanto l'assessore alla cultura, che tutto il popolo di Tonco, sono sordi e insensibili a queste richieste.

La Festa del Pitu inizia con un corteo aperto dalla banda di Tonco, seguono sbandieratori e raffiguranti in abiti medievali e infine sfilano i borghi con carri allegorici che inscenano momenti di vita quotidiana. Fino qui si tratta di una manifestazione piacevole che non fa male a nessuno. La parte centrale della manifestazione e la successiva giostra dei cavalieri, costituiscono invece le componenti più deprecabili e truci di tutta la festa. Un tacchino vivo in una gabbia di legno sfila davanti a un pubblico urlante ai lati della piazza.



L'antico costume prevede di cacciare le potenze del male e di scaricare addosso al capro espiatorio (il Pitu) tutti i mali che hanno afflitto il popolo durante l'anno trascorso. È il modo per consentire alla comunità di iniziare il nuovo ciclo sotto i migliori auspici... La purificazione trova attuazione attraverso il "processo farsa" e la condanna a morte del Pitu. Il Pitu viene portato davanti a un tribunale, allestito in piazza, dove dei giudici togati lo processano e lo condannano.



La cosa dovrebbe far ridere, e in effetti il popolo ride ed esulta, e invece a noi fa una gran pena e fa piangere il cuore. Gli animalisti sono relegati lontano dalla farsa e dal pubblico, ingabbiati anche loro dietro a delle transenne e circondati ai lati da un ingente spiegamento di forze dell'ordine, tra Digos, Polizia e Carabinieri. Riescono lo stesso a far sentire le propria protesta a voce o con il megafono, contro ogni forma di barbarie sugli animali, come questa di Tonco, giudicato paese incivile. Riescono a disturbare la festa che a questo punto non ha più tanto il sapore di "festa".







Il Pitu viene appeso per le zampe a una fune al centro della piazza e issato in alto. L'animale utilizzato è un altro tacchino, già morto, acquistato in una macelleria del paese, non quello usato durante il processo, ma agli inizi del '900 si utilizzava un tacchino vivo per tutta la manifestazione. Ciò non cambia di una virgola la barbarie e lo squallore di questa manifestazione e il danno educativo che viene fatto ai tanti giovani, bambini e ragazzi, che impareranno a disconoscere la sofferenza degli animali e a riderci sopra, imitando in questo gli adulti e la loro indifferenza. Il povero animale ha le ali dispiegate, sembra un crocifisso, e in effetti si tratta di un povero Cristo, schernito e deriso.





Inizia quindi la giostra equestre fra le urla di incoraggiamento o i motteggi dei borghigiani da una parte e le urla di protesta degli animalisti dall'altra, che vorrebbero entrare nella pista e bloccare la gara. Ma in questa occasione non succede, ci si limita a urlare e a fischiare. Il pubblico schernisce i difensori degli animali, appendendo a loro volta striscioni che dicono di pensare i bambini che muoiono di fame o che vanno a morire in guerra, invece di preoccuparsi degli animali (già, e loro cosa fanno per questi bambini?...)







La gara viene sospesa un paio di volte per far scendere il tacchino e "segargli" un po' il collo con un seghetto, visto che i colpi inferti non bastano per staccarne la testa. Quindi viene di nuovo issato in alto e la gara riprende. Ormai è il delirio, nessuno vede l'animale martoriato, il vilipendio su un cadavere. Infine la testa si stacca. Il popolo eccitato corre a prenderla e la issa come un trofeo sul bastone del vincitore. Gli animalisti non hanno quasi più voce, ma urlano ancora "VERGOGNA! VERGOGNA! VERGOGNA!"





Questa manifestazione ci ha scosso e indignato profondamente e ritorneremo qui a Tonco a protestare ogni anno, finché non verrà abolita o sostituito il tacchino vero con un simulacro di stoffa.