Venerdì 30 aprile si è svolta in Alessandria la prima conferenza del primo ciclo di conferenze "Animali e Umani" dedicato al rapporto tra uomo e animali. Un rapporto difficile e ingiusto, segnato per millenni da una concezione antropocentrica che ha posto l'uomo nel cuore dell'universo e tutti gli altri esseri viventi al suo servizio. Non potevamo non inaugurare questo ciclo di conferenze partendo proprio dalle origini della filosofia animalista per arrivare all'antispecismo di oggi.

"Antispecismo: la rivoluzione del terzo millennio" è il titolo della conferenza che ha tenuto Massimo Terrile, rappresentante del Movimento Animalista, una giovane associazione costituita a Monza il 16 febbraio 2001. Lo specismo è la discriminazione tra gli umani, come specie superiore da una parte, e tutte le altre specie animali, dall'altra parte, che agli umani dovrebbero quindi essere asservite. Volendo semplificare, il razzismo verso gli animali. Lo diceva già Aristotele: Tutto ciò che non è umano esiste per poter essere sfruttato dagli uomini (naturalmente solo maschi e liberi, perché donne e schiavi, parimenti agli animali, non avevano diritti).



Il pensiero di Aristotele trovò secoli dopo un valido sostegno nelle teorie di San Tommaso D'Aquino, dottore della Chiesa, che le elaborò adattandole al Cristianesimo. Le gerarchie tra gli esseri viventi, attribuite a Dio, vengono riprese da Aristotele. D'Aquino va addirittura oltre: Agli animali non si può applicare neppure compassione e carità, che devono essere condivise sulla base di una comunanza trascendentale. Le teorie meccanicistiche di Cartesio influenzeranno successivamente tutto il pensiero occidentale fornendo degli animali l'idea di macchine senz'anima e senza sentimento, incapaci di provare qualsiasi sofferenza o sensazione.



Tuttavia, fin dall'antichità, voci di dissenso da questa impostazione si erano fatte sentire. Come quelle di Pitagora e di Plutarco, entrambi vegetariani. Poi Kant, che auspicava il rispetto per gli animali e trovava riprovevole ogni forma di crudeltà. Voltaire, Hume e soprattutto il filosofo Jeremy Bentham, che operò la prima rivoluzione in tal senso: La domanda da porsi non è se sanno ragionare, né se sanno parlare, bensì se possono soffrire. E poi Arthur Schopenhauer: La vera morale è offesa dall'affermazione che gli esseri privi di ragione siano delle cose. Fino ai contemporanei: Richard Ryder, che nel 1970 coniò per l'appunto il termine "specismo", Peter Singer e Tom Regan che arrivarono a teorizzare con argomentazioni stringenti i diritti animali.



Il pensiero antispecista è oggi impegnato affinché l'uomo moderno sia cosciente delle torture e delle crudeltà istituzionalizzate a cui il genere umano sottopone miliardi di animali, ancora una volta cose, anzi, nella logica di mercato, semplicemente "prodotti". L'antispecismo rappresenta l'indirizzo di pensiero morale che intende superare, in quanto irrazionale, la discriminazione fondata sulla diversità di specie.

Nel corso della conferenza è stato presentato anche il Manifesto per un'etica interspecifica proposto in sostituzione della Dichiarazione Universale dei Diritti Animali del 1978, e poi consegnato a tutti i partecipanti alla serata.

Manifesto per un'etica interspecifica
(1 febbraio 2002)

Art. 1
Gli animali umani e non-umani - in quanto esseri senzienti, ossia coscienti e sensibili - hanno uguali diritti alla vita, alla libertà, al rispetto, al benessere, ed alla non discriminazione nell'ambito delle esigenze della specie di appartenenza.

Art. 2
em>Nei confronti delle altre specie gli umani, come tutti gli esseri senzienti ai quali venga riconosciuta la potenzialità di "agente morale", sono tenuti a rispettare i suddetti diritti, rinunciando ad ogni ideologia antropocentrica e specista.

Art. 3
em>Nel quadro di tale rapporto, eventuali alimenti o prodotti che debbano derivare dalle altre specie vanno ottenuti senza causare morte, sofferenze, alterazioni biologiche, o pregiudizio delle esigenze etologiche. Ove possibile, essi vanno comunque sostituiti con sostanze di origine vegetale o inorganica.

Art. 4
Uccidere o far soffrire individui delle altre specie (ad esempio sottoponendoli a lavori coatti, usandoli per attività, spettacoli o manifestazioni violente, o allevandoli e custodendoli in modo innaturale), ovvero sperimentare su individui sani e/o nell'interesse di altre specie o altri individui, causare loro danni fisici o psicologici, detenere specie naturalmente autonome o danneggiare il loro habitat naturale, o eccedere in legittima difesa, è una violazione dei suddetti diritti, e va considerata un crimine.

Art. 5
La ricerca scientifica va sottoposta a severi controlli per assicurarne l'aderenza ai suddetti principi. Il principio di precauzione deve essere rispettato anche nei confronti delle altre specie.