Si è concluso anche il terzo ciclo di conferenza sull'etica interspecifica della serie "Animali e Umani" che ha visto quattro incontri nei venerdì di febbraio presso il Museo "C'era una volta" di Alessandria. Ogni serata ha registrato grande partecipazione di pubblico, a dimostrazione che le tematiche qui proposte sono di crescente interesse.
Nella conferenza di apertura del 4 febbraio, il Dott. Massimo Filippi ha presentato il libro "Un'eterna Treblinka" di cui è il curatore dell'edizione italiana pubblicata da Editori Riuniti (2003). L'autore del saggio, Charles Patterson, docente di storia alla Columbia University di New York e studioso all'International School for Holocaust Studies a Gerusalemme, analizza con dovizia di dati storiografici e documentali le radici che accomunano il genocidio nazista e il trattamento degli animali nella società moderna. Che l'attuale sistema di sfruttamento degli animali ricordi da vicino la struttura e il modus operandi dei campi di concentramento nazisti è osservazione non nuova, basti pensare allo scrittore yiddish e Premio Nobel per la Letteratura Isaac Bashevis Singer, a Peter Singer, ad Adorno, solo per citare alcuni autori che hanno avuto il coraggio di accostare i due orrori.
Il passo che fa in più Patterson, oltre a fare di questo paragone "scandaloso" il cuore di un intero saggio, è di dimostrare che i due fenomeni non solo usano lo stesso linguaggio, ma condividono essenzialmente la stessa natura, o meglio, l'Olocausto è stato possibile ed è tuttora evento possibile e ripetibile, grazie al dispregio etico del vivente costruito intorno all'animale come altro assoluto e referente negativo a "noi" (qualsiasi siano i "noi"). Sfruttamento degli animali, quindi come "palestra" universale per organizzare e perpetrare anche lo sfruttamento umano: l'animale è abbastanza vicino a "noi" da poter prestare le sue sembianze al "nemico" di turno, e abbastanza lontano da far sì che una volta stabilito il paragone, il "nemico" possa essere eliminato.
L'11 febbraio, la Dott.ssa Annamaria Manzoni, psicologa e psicoterapeuta, consigliere del Movimento Antispecita, nella sua lettura psicologica dell'aggressività sugli animali, ha spiegato che dagli studi psicologici emerge una significativa connessione tra la violenza contro gli animali, agita dai bambini, e lo sviluppo contestuale o futuro di disturbi di personalità. Il sentire comune e la pratica clinica convergono nel ritenere riprovevole e indicatore di patologia il praticare crudeltà fisiche sugli animali. Tuttavia, l'esistenza di una inconciliabile e marcata contraddizione, non può non emergere se si mettono a confronto queste convinzioni con la diffusa brutalità, eretta a sistema, quotidianamente espressa nei confronti degli animali, negli allevamenti, nei laboratori di vivisezione, ecc., da quello stesso mondo adulto che contestualmente la stigmatizza con tanta decisione. Come si spiega questo atteggiamento apparentemente schizofrenico?
Tra i meccanismi che entrano in gioco, un posto prioritario è occupato dalla cornice cognitiva all'interno della quale questi comportamenti vengono posti. Si afferma che gli animali non sono persone. Questo permette a cacciatori, pescatori, toreri, vivisettori, ecc., di non riconoscere sadismo, crudeltà, aggressività in ciò che fanno e permette a chi si nutre della loro carne di non provare rimorso o senso di colpa. Un ruolo fondamentale nella costruzione della cornice cognitiva è ricoperto dalle religioni (gli animali sono privi di anima e dunque non hanno diritti) e dall'antropocentrismo aristotelico. Un altro concetto cardine è quello del disimpegno morale: uccidere, vivisezionare, macellare gli animali sono azioni che avvengono nell'ambito di una totale regolamentazione, all'interno della legittimazione sociale. Pertanto, grazie a un meccanismo di disattivazione selettiva della coscienza, si è legittimati a non provare senso di colpa, nessuna vergogna, nessuna pena per l’animale. In questo modo la violenza viene normalizzata: si accetta un comportamento violento come normale, diventa lavoro di routine eseguito da persone qualunque, senza odio, che lavorano in modo diligente, neutrale, burocratico.
Fondamentale è la giustificazione morale: il male inflitto "è necessario", per scopi altamente meritevoli: macellare per nutrire le persone, vivisezionare per il progresso scientifico, ecc.. Con l'etichettamento eufemistico si travisa la realtà fatta di animali scannati con immagini, espressioni e parole che invece mostrano mucche felici, bambini felici, ecc.. Il confronto vantaggioso mira ad alleggerire il peso del comportamento negativo tirando in causa problemi più grandi per poi concludere che è futile preoccuparsi degli animali con tutto il male che c'è nel mondo con le guerre, ecc.. Il dislocamento delle responsabilità trasferisce la colpa ad altri e ci si deresponsabilizza. La diffusione delle responsabilità alleggerisce il proprio ruolo: tutti mangiano carne, cosa c'è di strano? La distorsione delle conseguenze: tanto gli animali non soffrono. Poi la desensibilizzazione, l'apprendimento a disconoscere una pietà che istintivamente si prova, l'attribuzione della colpa alla vittima, la rimozione, la negazione, ecc. tutti questi sono i meccanismi che si mettono in atto per "chiudere gli occhi" sulla realtà scomoda e continuare restare indifferenti. Tocca a tutti noi sostenere una sfida un tempo impensabile, quella di perseguire non solo un ideale di giustizia tra gli uomini, ma un ideale ancora più vasto di giustizia tra le specie, che l'altro ingloba e sostiene.
Il 18 febbraio, la Dott.ssa Luciana Baroni, presidente di Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana Onlus, ha parlato della dieta vegetariana/vegan come dieta ottimale. Per "dieta ottimale" si intende la dieta che è in grado di prevenire l'insorgere di malattie, ma anche di arrestare il decorso di queste malattie, ed eventualmente invertirlo. Lo stile di vita occidentale è attualmente il più importante fattore di rischio per le malattie più gravi e diffuse nella nostra società, come il cancro, le malattie cardiovascolari, il diabete, l'obesità. Il potere del cibo è enorme: il cibo incide per i due terzi delle malattie che ci sono. Il cibo sbagliato è la causa delle malattie. La dieta ottimale si basa quasi esclusivamente, o esclusivamente, su cibi di origine vegetale.
E infine il 25 febbraio, cosa mangiano i vegan? Emanuela Barbero, fondatrice del primo sito in Italia dedicato all'alimentazione e alle ricette vegan www.vegan3000.info, ce ne ha dato un esempio attraverso una carrellata di preparazioni vegan, analizzando le peculiarità degli alimenti vegetali, dai cereale ai legumi, alla frutta, agli stili di cottura, ecc.. Alla fine della serata abbiamo offerto ai numerosissimi partecipanti una degustazione di assaggi vegan da noi preparati.
La terza edizione di "Animali e Umani" si è conclusa. Riprenderemo con un nuovo ciclo di incontri questo autunno.