Morto dopo due giorni di agonia, Artù aveva 50 pallini in corpo. Secondo il veterinario, sparato da un cacciatore da distanza ravvicinata. È successo a Giardinetto, frazione di Castelletto Monferrato, domenica scorsa, il giorno di apertura della caccia.

Una triste storia che la dice lunga sul senso di responsabilità dei cacciatori. Il nostro pensiero va anche a tutti gli animali selvatici massacrati per divertimento, o "sport", in un ecosistema sempre più stremato dall'espansione delle attività umane.

Sabato scorso si è svolta a Torino una imponente manifestazione nazionale contro la caccia promossa dalla Lega abolizione caccia, a significare la protesta del mondo civile contro un'attività anacronistica che non ha più senso. I cacciatori si spacciano per tecnici della gestione faunistica, ma la verità è che uccidono gli animali per divertirsi.

Non ci sono i dati precisi, forse più di 200 milioni di animali vengono uccisi ogni anno, e non sappiamo quanti vanno a morire tra atroci sofferenze solamente feriti. Questa vergogna nel nostro paese deve terminare, e forse la fine della caccia può iniziare dal Piemonte, perché la prossima primavera saremo chiamati a esprimerci su un referendum sul quale la Lega abolizione caccia aveva raccolto le firme ben 24 anni fa, un referendum che non è per l'abolizione della caccia, perché non si poteva chiedere con un referendum regionale l'abolizione di un'attività prevista da una legge nazionale, ma è un referendum che chiede la protezione per 25 specie che oggi sono cacciabili e che chiede il divieto di caccia la domenica perché la domenica sia restituita alle famiglie, ai cittadini, e siano tolti i fucili dalle campagne.

Le firme per il referendum erano state raccolte nel 1987, avremmo dovuto votare l'anno successivo, nel 1988, la Regione fece ostruzionismo e iniziarono una serie di cause legali contro la Regione per 24 anni. 9 sentenze. 5 diversi ricorsi sia al Giudice amministrativo, sia al Giudice civile. Nel 1999 la Corte di cassazione diede ragione al comitato per il referendum, e la Regione fece di nuovo ostruzionismo e ripartì un'altra battaglia legale contro la Regione e tutte le amministrazioni regionali di qualunque colore politico che con provvedimenti illegittimi, per 24 anni, hanno impedito ai cittadini piemontesi di esprimersi. Il 29 dicembre del 2010 la Corte d'appello di Torino ha posto fine alla battaglia legale tra il comitato promotore e la Regione, e nella primavera del 2012 finalmente si potrà votare contro la caccia.