Sabato 30 dicembre si è svolta al Palazzetto dello sport di Alessandria una festa del sacrificio islamica a cui hanno partecipato molte persone di questa fede. Durante questa celebrazione viene ricordato il sacrificio di Isacco, l'unico figlio di Abramo, e dopo il momento di preghiera, la gente ha proseguito con i riti previsti in questa occasione, con l'uccisione del montone.
Premettendo che aberriamo ogni forma di violenza sugli animali, da qualunque parte essa provenga, indipendentemente dalla fede religiosa, contestiamo i sacrifici di sangue, ancor più se cruenti. Il nostro è un intenzionale fermo rifiuto di ogni religione fondata sulla vittima sostitutiva, sull'ineludibile necessità della morte dell'innocente per salvare il colpevole: dal montone, al Figlio del falegname...
Secondo questa visione, l'innocente deve accettare la morte, deve trasformarsi in ammasso inerte di carne, in sangue che cola, scivolosa moneta di globuli per pagare colpe mai commesse, colpe altrui. Ma nessun essere è destinato ad altri. E tanto meno gli animali sono per l'uomo.
Dobbiamo sacrificare solo ciò il cui sacrificio non lede nessuno, poiché se vi è un atto che non deve causare alcun torto, questo è proprio il sacrificio. Il sacrificio è un rito santo, ma secondo noi non vi è nulla di santo nell'azione di chi, per esprimere la sua riconoscenza, toglie la vita, destinando alla morte, esseri che non ci hanno fatto alcun male.
Per non incorrere in facili equivoci, siamo e rimaniamo comunque contrari a ogni tipo di allevamento, maltrattamento, sfruttamento e macellazione, anche non rituale. Dal nostro punto di vista è un'ipocrisia parlare di voglia di pace nel mondo, parole pronunciate puntualmente a ogni marcia della pace dal vescovo e dalle varie autorità presenti, senza mai considerare, nemmeno lontanamente, il mattatoio di miliardi di animali che ogni anno ammazziamo per ogni nostro uso, anche e soprattutto quello alimentare, affatto necessario e per di più causa della fame di altri esseri umani e di quasi un quinto dell'inquinamento responsabile del riscaldamento terrestre.
Non serve dunque parlare di pace, se questa non è nemmeno presente nel nostro pasto quotidiano. In tutto questo ragionamento ci rifacciamo al pensiero di Teofrasto nel suo trattato sulla Pietà religiosa e la giustizia per tutti i viventi, che rappresenta una straordinaria proposta per innalzare la civiltà, ingentilire il mondo, riordinare la vita. Opera assai scomoda per il variegato mondo dei seguaci di Aristotele, San Tommaso, Descartes, ecc., e forse per questo è rimasto chiuso nel dimenticatoio per oltre venti secoli.
In questi giorni si parla anche dei polli che i cinesi appendono agli stendibiancheria, come fossero delle mutande (da IL PICCOLO del 15 gennaio, "Quei cinesi che stendono i polli"). In ogni ambito ci imbattiamo in culture differenti dalla nostra e giustamente si propone l'integrazione e il rispetto come unica strada per una sana convivenza.
Ammettere però che degli animali morti, in questo caso polli, vengano appesi a uno stendibiancheria, oltre a non rispettare nessuna norma igienica, rappresenta, quanto meno, una mancanza di rispetto nei confronti di quegli animali e di chi ritiene che l’uccisione di un animale sia una crudeltà, qualsiasi sia lo scopo, anche alimentare.
A chi scrive al giornale scandalizzandosi per quei polli appesi agli stendini, chiediamo di aprire il proprio freezer e assicurarsi che non vi siano polli all'interno (o altri animali), altrimenti cambierebbe la forma ma non la sostanza!